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KORG KARMA by MeX

Varietà emotiva ed atmosfere che spaziano – per alcuni temi è proprio il caso di dirlo – nell’arco di tre decadi.
Ballate della fine degli anni Ottanta e ventate di etnico come d’ordine allora, spunti novantiani di ottima fattura, e bordate danzerecce che si innestano nel nuovo millennio.
Lo strumento è un’affidabile mezzo di espressione, una compagna eclettica e di grande supporto alle idee. Anche quelle più inusuali, si. In più non si fa grandi problemi, volendo maliziare potremmo intravederci un pizzico di disinibizione, quella che non guasta però!
La tecnologia quando è al servizio delle esigenze è sempre una gran cosa. Se l’esigenza è quella di creare, tessere trame sonore, allora il Karma è in equilibrio.
Certo, la workstation arpeggerebbe all’infinito anche uno starnuto, ma questa può rivelarsi anche l’arma in cui uno dei due tagli sia positivo. In effetti abbiamo dovuto ricorrere alle maniere forti in studio per imbrigliarne le note rimanenti nell’aria, due giorni dopo erano lì che ancora rimbalzavano tra le pareti.
Ora, volendo tornare seri ed abbandonare le scene da pellicola sci-fi che ogni tanto riaffiorano nutrite dai toni del synth, non si può tacere una certa bontà del tutto: al netto di alcune ingenuità sonore figlie dei tempi e relegate ad allora, molti sono i preset che piacciono, convincono, tutti nella bolla rassicurante della qualità sonora, alta.
C’è anche spazio per far partire il jazz, ed il caro Enzo se ne vede bene!
I profili sono ben strutturati, i temi articolati, si percepisce sin da principio e non si esaurisce l’idea di apprezzabile fattura delle texture udibili, come di quella fisica del prodotto.
La sensazione di progressione dinamica, di evoluzione progressiva delle articolazioni del suono è decisa, i contorni compositivi si dilatano e si ha l’impressione di poter creare all’infinito.