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Korg Kross 2 by MeX ( Enzo Messina )

La Kross 2 è l’evoluzione della prima serie, una workstation funzionale nata qualche anno fa e ben strutturata. La dotazione è di prim’ordine, rinunce di peso non ve ne sono, benché non tutti i suoni risultino timbricamente irrinunciabili, la media è davvero alta e sono coperti tutti gli ambiti che possono essere richiesti. Lo stesso vale per effetti d’ambiente, modulazioni, compressori e via discorrendo, di cui non s’è stati parchi.

I preset, oltre mille a bordo, sono uno scalino sotto quelli di utilizzo squisitamente professionale, ma ne seguono la scia a brevissima distanza, il rilievo che fa il Nostro è condivisibile.
La Kross 2, ci dimostra MeX, stupisce per la qualità del comparto sintetizzatori e piano, dalla “spazialità” (non se ne avrà a male se mi approprio del termine!) notevole e dall’ampio respiro. Questo comporta una gradevole ariosità delle esecuzioni, che male non fa, assicurata dal lavoro svolto dall’EDS-i sound engine.
Ecco, ad un certo punto è passato negli studi di Synth Cloud Tom Cruise, ma in versione millenovecentottantasei, giusto per complimentarsi del lavoro svolto accennando alle atmosfere topguniane (si, sono prossimo a diventare accademico presso la Crusca), cosa che in effetti ha incuriosito molto anche il sottoscritto.
La Korg avrebbe raggiunto l’ottimo assecondando i suoni con tasti più responsivi – non è presente l’aftertouch – ma in ottica generale l’esemplare in prova ha restituito un feeling migliore in questi termini, rispetto alla sessantuno tasti.
Il layout lineare, la disposizione dei comandi lascia intendere che alla base sia stato operato uno studio per rendere la tastiera quanto più semplicemente fruibile, magari privilegiando un utilizzo anche in tempo reale, a tutto vantaggio della versatilità, aiutata dai sequencer, validi assieme alle drum track, e dall’alimentazione prevista anche a batteria.
Il concetto dell’azienda giapponese è semplice, hanno inteso creare uno strumento di mezzo, che offra buoni orizzonti d’uso e compositivi, ad un prezzo coerente e che si posiziona in quella fascia di primissimo passo professionale, oppure per “amatori evoluti” come si legge spesso, prosumer.

La workstation è leggera, non raggiunge i quattro chili di peso e si trasporta comodamente, fatto salvo l’ovvio ingombro in versione ottantotto tasti (comunque sotto il metro e mezzo di larghezza), portando con sé un bagaglio interessante a tutto tondo.